Mettere la scuola al lavoro. Il sistema scolastico italiano prepara gli studenti a mestieri che non faranno mai.

Il Fogliodi Stefano Cianciotta
Che lavoro faranno i nostri figli? Non lo possiamo sapere perché quel lavoro non è stato ancora inventato, e molti giovani italiani, al contrario dei colleghi statunitensi che da bambini sanno già che cambieranno in media dai cinque ai sette lavori, sono ancora alla ricerca di uno spazio di comfort che gli possa garantire un impiego stabile.
Molti dei lavori che si svolgono ancora oggi tra pochi anni non esisteranno più, e la vera differenza la faranno la conoscenza e la competenza, ma anche la passione e il coraggio di seguire le proprie aspirazioni.

In che modo la scuola, e modelli didattici innovativi, possono contribuire a sostenere le aspirazioni dei giovani e a trasformare le loro attitudini in modelli vincenti di impresa? Sotto questo profilo la scuola, e in generale tutto il sistema della formazione, devono tornare a essere il luogo che aiuta lo studente a fare emergere le proprie inclinazioni, devono essere lo spazio dove scoprire e provare a risolvere problemi, dove sbagliare e imparare a rialzarsi.

Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a dicembre ha visitato alcune scuole nelle zone del centro Italia colpite dal terremoto (foto LaPresse)
Perché una cosa è certa: la scuola non può più essere un’istituzione separata dal resto della società, e in particolare dal mercato del lavoro, ma oggi più che mai deve essere integrata come spazio dove allenare costantemente curiosità, creatività e intraprendenza, oltre che apprendere nuove conoscenze ed esperienze. Niente, quindi, è più importante dell’istruzione.

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