Compiti a casa sì, compiti a casa no, ma è davvero questo il problema?

L’assurdità della scuola, e devo dire anche dell’università italiana, è di inserire verifiche, interrogazioni ed esami, il giorno del rientro dalle vacanze o il giorno seguente.
Nella medesima settimana, se non nell’arco della stessa giornata, spesso si trovano ad affrontare anche due o tre compiti in classe perché tra vacanze e ponti, i professori sono frequentemente indietro con programmi e con i voti nel registro, non parlano tra loro, non si accordano con la divisione del lavoro e gravano sui ragazzi ai quali la scuola pesa sempre più.

Tutto questo dà il via ad assenze programmate che favoriscono una deresponsabilizzazione maggiore dai propri doveri e un’incapacità di organizzarsi in autonomia e con gli altri.

Compiti a casa sì, compiti a casa no, ma è davvero questo il problema?

I compiti servono per fissare ciò che si apprende in classe, per metabolizzare i concetti, per rievocare dalla memoria, per rimanere mentalmente attivi, ma non possono essere troppi e ripetitivi perché diventano inutili.
I ragazzi si trovano a farli tanto per farli, ricercano ogni metodo possibile ed immaginabile per trovarli già fatti, si fanno aiutare da genitori o da insegnanti privati che in questi anni sembrano indispensabili per una generazione che non è in grado di fare niente da sola, o addirittura li fanno direttamente i genitori stessi.

Tutto questo non serve a niente ai fini formativi, ma alimenta solo un peso interiore nei confronti della scuola e uno stress maggiore in famiglia.

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La scuola deve formare, insegnare metodi e competenze, non sono un esercito di esecutori, dovrebbero sviluppare anche le capacità riflessive e propositive. Ma chi pensa troppo spesso crea problemi.

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 giovedì 13 Dicembre - 2018
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