La scuola a distanza non è democratica: i problemi e le possibili soluzioni
Un mio contributo su Agenda Digitale
, il giornale sull’agenda digitale italiana.
L’emergenza sanitaria e le misure di lock down hanno avvalorato l’assioma che il digitale non è solo una faccenda tecnologica, ma è un fondamentale servizio alle persone.
La scuola sta facendo il possibile per proseguire le attività didattiche, ma la parte più debole e svantaggiata del nostro Paese sta rischiando di rimanere esclusa.
Ma se, grazie ai numerosi finanziamenti, il problema dei dispositivi sembra, anche se in tempi non brevissimi, in via di soluzione, resta in piedi il fulcro del digital divide: la imparziale qualità di accesso alla rete che “colpisce” molte parti del Paese e che estromette automaticamente dalla fruizione di contenuti che hanno bisogno di alta velocità e grande quantità di “Giga”.
Mentre alcuni centri in Italia sono in gran parte cablati con la fibra ottica, in provincia e nelle periferie esistono ancora luoghi dove non è possibile avere un’interazione in tempo reale e quindi una fruizione sincrona; allora ci si affida alle connessioni dati. E comincia la guerra dei giga: perché un giovane dovrebbe “sprecare” la sua dotazione per la scuola o l’università, quando era abituato a streaming e videochat per uso personale?
Non si dimentichi poi che la crisi economica che attanaglia molte famiglie impone dei sacrifici tra i quali la disponibilità di una connessione a pagamento per i ragazzi.
Quindi lo slogan “Non lasciamo indietro nessuno”, pregevole nelle intenzioni, non è al momento attuabile.
E allora perché non fare come in Brasile dove la quantità di dati non viene conteggiata quando si accede a risorse per la didattica a distanza?
Inoltre, perché non si pensa alla creazione di una piattaforma standard per la DAD, magari utilizzando le risorse umane e professionali dell’Agenzia per l’Italia digitale (AGID)?
Visite: 165